Capitolo II - S. Giuseppe soffre nel vedere nella sua Sposa Maria i segni della gravidanza

 

Tormento di Giuseppe - Il nostro Giuseppe stava tanto contento e consolato in compagnia della sua Sposa, anche per i molti favori che riceveva da Dio, e un giorno si mise ad osservare con più attenzione la sua Sposa e riconobbe in lei i chiarissimi segni di una gravidanza, perciò il Santo restò attonito, molto turbato e ferito nel cuore da un acuto dolore. Si andava persuadendo che quei segni potessero provenire da qualche malattia, ma vedendo la sua Sposa con il suo solito vigore e spirito, diceva fra sé: «Se fosse infermità vi sarebbero altri segni, ma si vede che la mia Sposa è in perfetta salute». E diceva fra sé: «O mio Dio, cos'è questo che io scorgo nella mia Sposa? Sogno, oppure son desto? Forse i miei occhi vedono una cosa per un'altra? Mio Dio, cos'è questo, che ora vedo nella mia Sposa? Io non oso chiedere a lei cosa alcuna, perché essendo tanto santa, non devo parlarle di ciò. Ma pure si vede chiaro che lei è incinta. Soccorri Tu, mio Dio, il tuo servo e dammi luce per capire questo fatto, perché ora io non so altro, tranne che quello che con chiarezza appare ai miei occhi». La divina Madre si avvide del travaglio del suo Giuseppe, e pregava molto Dio perché l'avesse assistito con la sua grazia.

Ansia di Giuseppe - Per quella sera il nostro Giuseppe si ritirò tutto sopraffatto, pensando a che cosa mai poteva essere quello che appariva ai suoi occhi. Quella notte il suo riposo fu molto breve, e appena svegliato non vedeva l'ora di rivedere la sua Sposa e vedere se veramente lui era in errore; perciò, tutto ansioso, si mise per tempo ad aspettare che uscisse dal suo ritiro. La divina Madre uscì, e salutò il suo Giuseppe con il solito cordiale saluto. Il Santo la vide, e la considerò sempre più bella e graziosa, ma peraltro con quei segni che egli aveva già scorto il giorno prima. Il suo cuore restò ferito di nuovo dal dolore, vedendo che egli non era in errore, ma che quel tanto che aveva visto lei era verissimo, e diceva: «O Dio, come mi consola la bellezza, la modestia e la grazia della mia amata Sposa! ma come resta ferito il mio cuore nel vedere in lei questi chiari segni di gravidanza! Mio Dio! Soccorri il tuo servo in questo grande travaglio, che sarà sufficiente a darmi la morte, se Tu non mi dai forza e non mi reggi col tuo braccio potente».

Sua prudenza e abbandono in Dio - La divina Madre pregava molto per il suo Giuseppe, e di fatto il Santo sentì qualche sollievo al suo grande dolore, e pensava fra sé di stare un poco a vedere che cosa sarebbe successo col passare del tempo, e di non volersi tanto angustiare per allora, sicurissimo che il suo Dio non avrebbe lasciato di manifestargli qualche cosa e di provvedere a questo fatto e diceva: «Io sono certo che la mia cara ed amata Sposa è santissima e amata sommamente da Dio, e non posso dubitare cosa alcuna di lei. E' meglio che per ora mi calmi e stia un poco a vedere la fine». Così per allora si calmò alquanto, benché non del tutto, perché ogni volta che la guardava scorgeva quei chiarissimi segni, e il suo cuore restava sempre ferito. Il nostro Giuseppe ottenne qualche sollievo al suo grande dolore per le preghiere della divina Madre, e lei stessa gli si mostrava più che mai affabile e caritatevole, compatendo molto il suo Giuseppe nell'angustia in cui si trovava.

Prega e si lamenta - Ogni mattina il santo Sposo si metteva ad aspettarla con gran desiderio che uscisse dal suo ritiro per vedere se si scorgevano ancora in lei quei segni di gravidanza, e vedendo che si manifestavano sempre più chiari, si angustiava molto in modo che incominciò a consumarsi come se fosse gravato e afflitto da una malattia. E di fatto, la passione che provava, era per lui molto più grave di qualsiasi altro male che potesse avere, perché gli feriva il cuore e lo teneva in un'angustia penosa. Furono molte le orazioni e le preghiere che il nostro Giuseppe porgeva al suo Dio; faceva tutti i digiuni e le elemosine per questa causa, perché Dio si fosse degnato di consolarlo e illuminarlo in quel grande travaglio. Rimirava la sua Sposa con grande amore e compassione, e spesso diceva fra sé: «Mia Sposa, tu che sei la causa di tanta mia consolazione, sei anche la causa di tanto mio dolore. Se tu capissi in quali angustie io mi trovo, certo non lasceresti di consolarmi col manifestarmi la causa della tua gravidanza». La divina Madre penetrava quel tanto che il suo afflitto Giuseppe diceva nel suo intimo, e anche lei sentiva molta pena, ma taceva e soffriva con pazienza aspettando che Dio si muovesse a compassione e consolasse il suo servo in una così grave angustia, perciò lo pregava con calde suppliche. Ma Dio volle provare la fedeltà del suo fedelissimo Giuseppe e dargli occasione di meritare.

Sua decisione - Infine l'afflitto Giuseppe si decise di domandare alla sua Sposa la causa di quei segni che apparivano in lei, e più volte fece questo proposito ma non gli riuscì mai, perché quando si decideva di farle la richiesta, si trovava pieno di confusione e di un timore riverenziale, che gli era di maggiore afflizione e diceva: «Che cos'è questo che provo, mio Dio? Vedo chiaramente che la mia Sposa è incinta, e lei si mostra tanto caritatevole ed amorosa verso di me, tratta con tanta affabilità, perciò io potrei domandarle da dove proviene quello che appare chiaramente e sono sicuro che non me lo terrebbe celato. Eppure non posso farle questa domanda per liberarmi del mio dolore. Cosa mai sia questo, io non so capirlo. Tu solo, mio Dio, puoi consolarmi e perciò a Te ricorro, e a Te espongo il mio grande dolore». Ma Dio taceva a queste suppliche, e lasciava che il suo servo restasse nelle sue angustie.

Attenzioni di Maria e maggior pena del Santo - La divina Madre procurava di sollevare il suo Giuseppe con varie cortesie che gli faceva nel servirlo attentamente, lo supplicava di volersi cibare, gli chiedeva in che cosa l'avesse potuto sollevare, e spesso cantava qualche cantico a lode del suo Dio per il sollievo del suo afflitto Sposo, e lui non poteva dirle altro, solo che il suo cuore era in grande afflizione, e le diceva: «Tu, mia sposa, mi dai grande sollievo nelle mie afflizioni, non lo nego, ma il dolore e la pena non si levano dal mio cuore. Prega il nostro Dio perché si muova a pietà di me». L'afflitto Giuseppe avrebbe detto di più e avrebbe chiaramente manifestato la sua pena alla santa Sposa, ma non poteva e diceva fra sé: «È possibile che lei non capisca quale sia la causa del mio grande travaglio? La capirà anche troppo, ma forse nemmeno lei potrà manifestarla». L'afflitto Giuseppe si umiliava molto, e spesso piangeva al cospetto del suo Dio, e diceva che lui meritava quei travagli, perché era ingrato ai molti benefici che il suo Dio gli concedeva; e poiché già si riconosceva l'uomo più fortunato del mondo per avere conseguito una Sposa tanto santa e tanto ornata di virtù, così si stimava, nel suo travaglio, il più afflitto ed angustiato che ci fosse al mondo. Più andava avanti e più cresceva il suo dolore, perché con più chiari segni, vedeva che la sua Sposa era incinta, e che il bambino che portava nel suo grembo non poteva tardare molto a venire alla luce; perciò il Santo smaniava e non trovava quiete al suo dolore. Alle volte sfogava il suo dolore lamentandosi fra sé della sua Sposa, e spesso diceva: «Mia sposa! E come hai tanto cuore di tenermi in così grave angustia? In che cosa mai io ti ho offeso e disgustato, perché tu usi verso di me tanta crudeltà? Tu hai mutato natura con me, e da tanto dolce, caritatevole ed amabile che sei, ora con me sei crudele e senza pietà, perché sapendo la causa del mio dolore, mi tieni tutto celato». La divina Madre sentiva i lamenti del suo angustiato Sposo, e lo compativa e si affliggeva, ma pur taceva né poteva liberarlo dall'angustia perché non poteva svelargli il mistero, non avendo ordine da Dio di manifestarlo, ma non lasciava di pregare molto per il suo Giuseppe.

Viene meno per la tribolazione - Il Santo andava poi a lavorare, ma siccome aveva già incominciato a perdere le forze perché aveva spesso dei deliqui, se ne tornava nella sua piccola stanza e diceva: «Mio Dio, dove andrò a consolarmi, se la mia Sposa, che prima era tutta la mia consolazione, adesso è la causa di tutto il mio dolore, perché al solo vederla in tale stato mi sento trapassare l'anima dal dolore, e intanto mi sento attirare con violenza ad andarla a trovare e trattenermi con lei in sacri colloqui». E di fatto il Santo se ne andava dalla sua Sposa, ma con gli occhi chini a terra per non vederla, ma solo per sentirla parlare. La Santa Sposa gli parlava con tanta dolcezza, con tanto modo e con tanta grazia che l'afflitto Giuseppe si sentiva tutto consolato, e il suo spirito provava un grande sollievo, ma alzando inavvertitamente gli occhi, la vedeva in quello stato, e così veniva di nuovo ferito dal dolore. Il Santo si decise di mostrarsi alla sua Sposa con il volto serio e di starne lontano più che avesse potuto, ma non poté mai fare questo, perché quando udiva le sue parole si sentiva tutto rapito dal suo amore perciò, benché afflitto, le si mostrava molto affabile e sereno. Furono molte le risoluzioni che faceva l'afflitto Giuseppe, ma non poteva poi metterle in esecuzione, perché la passione gli faceva risolvere di fare molte cose, ma la grazia divina, che abitava nella sua anima, gli faceva operare diversamente.
Trovandosi il nostro Giuseppe in un così grande travaglio, e vedendosi come abbandonato da Dio e che l'Angelo non gli si faceva più sentire nel sonno, avendo anche sempre presente la causa del suo dolore, esercitò le più rare virtù che si possa dire: di pazienza, di sofferenza, di rassegnazione, di carità, di modestia, non dicendo mai cosa alcuna alla sua Sposa, benché la vedesse manifestamente incinta; non sospettò mai male, non fece giudizi, non diede in disperazioni, ma tutto rassegnato aspettava che il suo Dio lo consolasse manifestandogli la causa della gravidanza della sua Sposa, perciò in questa occasione il Santo praticò molte virtù ed acquistò grandi meriti e si dispose a ricevere la grazia sublime che dall'Angelo gli fosse manifestato il grande mistero dell'Incarnazione del Verbo Eterno nel seno purissimo della sua Santissima Sposa.

Sua giustizia e prudenza - Vivendo il nostro Giuseppe in così grave afflizione e conoscendo benissimo come la sua santa Sposa fosse vicina al parto, si raccomandò più che mai a Dio perché l'illuminasse per quello che doveva fare e diceva fra sé: «Si vede chiaramente che la mia Sposa non può tardare gran tempo a sgravare dal parto. Cosa mai potrò fare io? Accusarla, come comanda la Legge, io non devo farlo, perché sono certo che la mia Sposa è santissima, né posso pensare alcun male di lei; ma intanto a ritrovarmi in questo fatto senza saperne cosa alcuna, non ho tanto cuore, che io abbia a riconoscere per mia quella prole alla quale non ho parte alcuna. Meglio sarà che io parta e me ne vada ramingo e così finisca i miei giorni in amarezza e dolore, perché sarà impossibile che io possa vivere lontano dalla mia amata Sposa. Ma come avrò cuore di lasciarla, essendo lei tanto santa e ornata di così rare virtù? Eppure mi converrà lasciarla per liberarmi da una così grave angustia.» Il Santo diceva tutto questo, e decise infatti di lasciare la sua Sposa. Il suo cuore era immerso in un mare di dolore e di amarezza senza alcuna consolazione, e l'afflitto Giuseppe piangeva inconsolabilmente, e non trovava conforto al suo grave affanno.

Sua fervente preghiera - Risoluto di lasciare la sua Sposa, la sera si ritirò nella sua piccola stanza e qui in ginocchio pregò il suo Dio, lo supplicò del suo aiuto in quella così grave occorrenza, dicendogli: «O Dio d'Abramo, d'isacco e di Giacobbe, o Dio mio! che fin dalla mia infanzia mi hai custodito e promesso di assistermi e custodirmi in tutte le mie vie, ti supplico, per la tua infinita bontà, per la tua grandezza, per la tua potenza, la tua sapienza, e per l'amore che sempre hai dimostrato a me, tuo vilissimo servo, e per l'amore che hai portato e che porti alla mia sposa Maria, a volerti degnare di mantenere le promesse che una volta mi facesti, di aiutarmi e custodirmi sempre. Non mi abbandonare in questo grande bisogno! Io mi getto tutto nelle tue braccia paterne; fa di me ciò che più piace alla tua divina maestà. Ti raccomando la mia sposa, che Tu mi desti affinché io fossi il suo custode. Finora ho procurato di fare quel tanto che il mio dovere richiedeva, ma ora la lascio alla tua paterna cura, mentre io mi allontano da lei, per quella ragione che tu già sai, essendo tutto noto alla tua maestà. Questo castigo è da me ben meritato, perché non ho saputo approfittare dei suoi santi esempi e consigli perciò ora, allontanandomi da lei, farò penitenza di quelle colpe che purtroppo io avrò commesso; e benché sembri a me di non saperle conoscere saranno ben note alla tua maestà, perciò ti supplico di perdonarmi e di farmi la grazia di soffrire questo grande travaglio. Non ho cuore da licenziarmi dalla mia Sposa, per cui prego la tua bontà di volerla consolare in una così grande angustia e difenderla in ogni occorrenza. Intanto ti prego di benedire i miei passi, perché io mi porterò prima al Tempio di Gerusalemme per adorare la tua maestà e capire la tua volontà, se ti piacerà di manifestarmela. Guarda ti prego, l'angustia del mio spirito e l'afflizione del mio cuore, e abbi pietà di me».

Lamento affettuoso - Quando il nostro afflitto Giuseppe ebbe sfogato per un pò la pena del suo cuore con il suo Dio, si rivolse col pensiero verso la sua Sposa, e amorosamente si lamentava con lei: «Sposa mia! - diceva nel suo cuore, - colomba mia innocentissima! Ecco che da te mi allontano. Che cuore hai di vedermi in così grave angustia, e non impetrarmi dal nostro Dio una stilla di conforto? Perché non mi narri la causa della tua gravidanza? Eppure hai dimostrato sempre tanta carità e tanto amore verso di me, e in questa cosa sembra che ti sia scordata di me. Come farò io lontano da te che sei tutta la mia consolazione? O mia cara e amata Sposa, ecco che io ti lascio, e chissà se avrò la sorte di rivederti. Ti lascio sola, mia amata Sposa; il mio cuore si strugge per la pena che soffre nell'abbandonarti, ma pur così bisogna che faccia in questa circostanza, non sapendo trovare altro modo per liberare te dal castigo minacciato dalla legge, e me dal travaglio».

 

Si dispone a lasciare Maria - Così tutto in lacrime Giuseppe si alzò dalla preghiera, e prese quel tanto che riteneva necessario per il suo viaggio. Preparò un piccolo fagotto e poi si mise a riposare un poco per aspettare che si avvicinasse lo spuntare del giorno, avendo già determinato di partire per tempo perché la sua Sposa non l'avesse visto, e anche perché non fosse visto da alcuna delle vicine e da altri, per non avere l'occasione di manifestare ad alcuno la sua partenza. Intanto la sua divina Sposa si tratteneva a porgere calde suppliche a Dio perché si degnasse di consolare l'afflittissimo Giuseppe, trovandosi anche lei in grande afflizione.